Marco, pensionato di Arezzo, ha visto sfumare 20mila euro investiti in obbligazioni subordinate (cioè convertibili in azioni e dunque a rischio) di Banca Etruria: “Non mi avevano detto che rischiavo di perdere tutto l’investito, mi dicevano che le banche non falliscono”.
Giovanni di Empoli aveva comprato le prime azioni della banca per ottenere un mutuo, poi aveva investito in obbligazioni subordinate. Ha visto azzerati in tutto 27mila euro di risparmi. “Denuncerò la persona che mi ha venduto le obbligazioni subordinate, sapeva che non ero un investitore a riscgio e che quelle obbligazioni non potevano essermi vendute”. Olga, che vive a Capraia e Limite, aveva venduto una casa e, in attesa di usare quei soldi per un acquisto importante, aveva comprato le obbligazioni per non lasciare una somma ingente sul conto corrente. I soldi sono sfumati. Giorgio di Empoli, ignaro di tutto, è andato in banca per ritirare i suoi risparmi ed ha capito che non c’erano più. Sono alcune storie di risparmiatori di Banca Etruria. Con il decreto di “salvataggio” dell’istituto e di altre tre banche italiane, 375 milioni di obbligazioni sono state usate per abbattere l’esposizione debitoria, come prevede la nuova direttiva europea. “La direttiva è stata recepita il 18 novembre – spiega Giuseppe Minigrilli di Federconsumatori – e il 23 il governo ha approvato il decreto in base alla direttiva. Il punto è: perché si è aspettato il 18 novembre?”. La situazione di Banca Etruria era nota da due anni, gli ispettori inviati da Bankitalia già nel 2013 avevano sanzionato per due milioni e mezzo i dirigenti: non si poteva affrontare il caso dell’istituto aretino prima di recepire la direttiva europea? Questo non è accaduto. Inoltre, secondo Federconsumatori, le ultime emissioni di obbligazioni subordinate sono avvenute di recente. “Bankitalia ha delle responsabilità”, afferma Minigrilli. E l’associazione dei consumatori adesso si muove su più fronti: azioni legali nei confronti del personale della banca che ha venduto prodotti finanziari a rischio a risparmiatori che non avevano un profilo adeguato, un tavolo istituzionale per studiare forme di risarcimento ai cittadini rimasti con un pugno di mosche. E poi la richiesta che da ora in poi le mifid, ovvero i questionari tecnici per valutare quali investimenti sono adatti al risparmiatore, siano compilate non dalle singole banche ma da un ente terzo. “Chi ha perso i soldi prova anche vergogna – spiega Marco – ma noi dobbiamo dimostrare che gli onesti sono migliori dei disonesti”.
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