“Ero lì ma non l’ho uccisa, cercate il vero assassino”: sono queste le parole di Cheik Diaw ai suoi avvocati, riportate stamani da La Nazione.
Diaw, senegalese di 27 anni, è in carcere accusato dell’omicidio di Ashley Olsen, la 35enne americana strangolata a Firenze nel suo appartamento in Oltrarno all’alba dell’8 gennaio scorso. Gli indizi – il dna nel preservativo, le immagini delle telecamere, la sim del giovane inserita in uno dei cellulari della vittima – lasciano pochi dubbi sulla presenza di Diaw sulla scena del delitto, e lui stesso non lo nega: piuttosto racconta di aver avuto un litigio e di essersi spintonato con l’americana, ma sostiene di averla lasciata viva: si muoveva, anche se era dolorante, riferiscono al quotidiano i legali del senegalese Antonio Voce e Federico Bagattini. “Secondo noi – sostengono i due avvocati – va collocata una o più persone in quell’appartamento visto che non ci si può strangolare da soli”. Una serie di dettagli ancora non quadrano nella ricostruzione di quanto è avvenuto la notte del delitto, e dall’appartamento di Ashley sono spariti alcuni oggetti – tra cui il suo cellulare americano – che non sono stati ritrovati nelle perquisizioni a carico di Diaw.
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